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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

venerdì 29 aprile 2011

CAVALIERATO DEL LAVORO PER LE MAMME

Gentilissimo Presidente Napolitano

Le ho già scritto tempo fa per esporle una mia richiesta, la lettera credo non sia mai stata letta da lei e una sue solerte collaboratrice mi ha risposto che per ambire al titolo di Cavaliere del Lavoro è necessario avere compiuto opere e speso impegno per il benessere del Paese. Questo era il testo:
Le scrivo per farle una richiesta inusuale forse, ma con fondamentali motivazioni che vado a illustrarle: Il mio datore di lavoro, una donna, da ben 37 anni avanza richieste sempre più pressanti e impegnative a cui io non riesco a rispondere negativamente
Vuole essere imboccata 4 volte al giorno per mangiare e altre 4 per bere per un totale di 4 ore al giorno
Vuole essere sorretta per fare qualche passo in casa con il girello
Vuole, pretende sta’ impunita di essere svegliata con il sorriso sulle labbra e con una carezza affettuosa.
Vuole essere portata a spasso con la sua sedia a rotelle
Vuole essere cambiata sovente essendo incontinente
Vuole più volte nella notte essere girata nel letto per cambiare posizione
Vuole guardarmi negli occhi e trovare comprensione e sostegno
Vuole che io capisca se ha male o se ha bisogno di qualcosa senza dover profferire parola
Vuole essere accompagnata dal medico quando sta male,
Vuole la mia presenza continua per l’assistenza ospedaliera quando necessita di un ricovero
Vuole che io sia la sua ombra per 365 giorni all’anno e questo da 37 anni
Non crede Presidente che questa MIA DATRICE DI LAVORO sia pretenziosa e impegnativa al massimo e che superi di molto tutte le possibili previsioni di impegno umano e affettivo?
Mi presento:
sono la mamma di una persona disabile gravissima di 37 anni e il mio impegno costante è l’assistenza e la cura di questa mia creatura “speciale” a cui mai ho fatto mancare la mia presenza, ho dimenticato cosa voglia dire dormire una notte in modo continuativo, ho dimenticato cosa voglia dire poter uscire con tutta la famiglia, non ricordo più cosa voglia dire allontanarsi di casa per più di 1 giorno massimo 2 e ogni volta con l'apprensione che chi rimane con lei riesca a cogliere il minimo accenno di malessere.
Ho sostituito lo Stato per l’assistenza, ho fatto risparmiare un sacco di denaro ai contribuenti facendomi carico di molte delle funzioni spettanti ai Servizi , siano essi sanitari che educativi o assistenziali, non crede che io meriti un riconoscimento ?
Viene dato il titolo di Cavaliere ai giocatori perché portano in Alto il nome dell’Italia in campo sportivo, (senza troppa fatica, mi permetta, in fondo sono pagati per questo)viene dato il titolo di Cavaliere a molte persone che pur facendo onore al nostro Paese non vivono lo stesso impegno per un numero di anni così cospicuo , viene dato il titolo di Cavaliere a imprenditori al solo scopo di evidenziare il loro impegno e ingegno industriale.
Non crede sig. Presidente che potrei essere insignita di titolo di Cavaliere del Lavoro per essere stata fedele per 37anni allo stesso “datore di lavoro”, perché di questo si tratta , oltre a essere madre sono infermiera, insegnante, assistente, badante , con una sola differenza con gli altri lavoratori, non sono stata mai stipendiata anzi , ho dovuto scegliere se lasciare il lavoro e assistere mia figlia personalmente oppure ricoverarla in un istituto , ho scelto la via più impegnativa e non me ne pento, ma vorrei che il mio impegno fosse riconosciuto pubblicamente non fosse altro per far conoscere agli italiani le profonde, sentite, silenziose vite di tante donne che purtroppo ancora oggi sono ignorate:
LE MAMME DI PERSONE CON DISABILITA' GRAVE E GRAVISSIMA.
Ora mia figlia di anni ne ha 38 e aggiungo una richiesta , credo di meritarmi anche una laurea a honorem causa , visto che sono sta io a richiedere l’esame del DNA a mia figlia riuscendo così a fare individuare la gravissima malattia genetica di cui è affetta , la Sindrome di RETT , nessuno dei medici che ha avuto in cura mia figlia ha mai avuto il minimo dubbio , perché in Italia quando hai una disabilità intellettiva non se considerato nulla e persino i medici più illustri dimenticano di osservare la persona e si fermano ai limiti. Mia figlia ha pagato in opportunità per questo e che sia stata io a chiedere pur non essendo medico, ma riconoscendo il lei tutti i sintomi, l’esame necessario per riconoscere la Sindrome penso sia una chiara e infelice espressione di come vadano le cose in questo nostro Paese dove solo il potere e il denaro sono vincenti.
Distinti saluti
Marina Cometto


mercoledì 27 aprile 2011

Assemblea ordinaria dei soci

Giovedi 28 aprile 2011 alle ore 18.30 in prima convocazione e alle ore 19.00 in seconda convocazione presso il Centro Sociale "Paolo Capua" di Lazzaro (RC) assemblea dei soci.

Ordine del giorno:
1 Lettura verbale seduta precedente;
2 relazione del Presidente;
3 approvazione bilancio consuntivo;
4 approvazione bilancio preventivo,
5 versamento quota sociale.

"CI PROVO": SULLO SCHERMO LA STORIA DI LUIGI, PRIMO RAGAZZO DOWN AD ANDARE IN ERASMUS

Luigi è uno studente bolognese con sindrome di Down che due anni fa ha deciso di partire per la Spagna e trascorrervi 10 mesi con il progetto Erasmus. Il documentario "Ci provo" racconta questa esperienza: la proiezione a Bologna e nei prossimi mesi anche a Praga e a Città del CapoBOLOGNA - Chi l'ha detto che un ragazzo con la sindrome di Down non possa andare in Erasmus? Luigi Fantinelli ha dimostrato l'esatto contrario, e ora la sua storia è diventata un documentario. Si chiama "Ci provo", è girato da Susana Pilgrim e il 28 maggio sarà proiettato al cinema Nuovo Nosadella di Bologna, proprio la città dove Luigi studia. Nell'ottobre del 2009 Luigi è partito per Murcia (in Spagna) grazie al progetto Erasmus, e nei dieci mesi seguenti ha portato avanti un percorso di autonomia e indipendenza dalla famiglia rimasta in Italia. Ventidue anni, iscritto a Scienze della formazione, a Bologna Luigi vive infatti con altri tre srudenti (fra cui Tommaso, un altro ragazzo con sindrome di Down) in un appartamento gestito dall'associazione Vai (Verso una vita autonoma e indipendente) dal novembre dello scorso anno.
"Qui convivono ragazzi con disabilità e non - spiega Michele, uno degli studenti della casa -. Siamo in 4 a dividere l'appartamento, Luigi è uno dei due ragazzi con sindrome di down che abitano qui. Altri due studenti vengono a trovarci tutti i giorni e insieme a Tommaso e Luigi facciamo attività ricreative che portino all'integrazione di questi due ragazzi, troppo spesso discriminati". Il progetto si chiama "Casa Vai" e offre l'opportunità a ragazzi con deficit mentale di integrarsi nella società. "Casa Vai è un progetto pilota - continua Michele -. Speriamo che la nostra iniziativa serva da esempio per altri".
Il documentario che racconta questa storia raccoglie le testimonianze di chi l'ha conosciuto da vicino, primo fra tutti il professore universitario Nicola Cuomo, ma anche di chi ha condiviso con lui l'appartamento a Bologna. Il film documentario "Ci provo" sarà proiettato domani alle 19.15 al cinema Nuovo Nosadella in via Ludovico Berti, ma altre proiezioni sono previste a Rastignano, sempre giovedì, a Parma e Forlimpopoli. Il documentario è stato inoltre selezionato anche per One World - International Human Rights Documentary Film Festival di Praga (8-17 Marzo 2011), e per Cape Winelands Film Festival di Città del Capo (Sudafrica, 16-26 marzo 2011). (gabriele sillari)
Tratto da SuperAbile INAIL

domenica 24 aprile 2011

Pasqua 2011


Vivi la vita

La vita è un'opportunità, coglila.

La vita è bellezza, ammirala.

La vita è beatitudine, assaporala.

La vita è un sogno, fanne realtà.

La vita è una sfida, affrontala.

La vita è un dovere, compilo.

La vita è un gioco, giocalo.

La vita è preziosa, abbine cura.

La vita è ricchezza, valorizzala.

La vita è amore, vivilo.


La vita è un mistero, scoprilo.

La vita è promessa, adempila.

La vita è tristezza, superala.

La via è un inno, cantalo.

La vita è una lotta, accettala.

La vita è un'avventura, rischiala.

La vita è la vita, difendila.

Madre Teresa di Calcutta


AUGURI

Parrocchia Santa Maria delle Grazie Lazzaro (RC) Via Crucis 2011-Riflessione di InHoltre


VIII° STAZIONE

Il Cireneo aiuta Gesù a portare la croce

“Domani è il mio primo giorno da volontario, sono un po’ confuso, emozionato è la prima volta che vivo questa grande esperienza. Inizio un nuovo cammino, non più solitario ma compagno di viaggio. Vorrei un giorno essere da esempio, punto di riferimento, per tanti giovani che, a volte sprecano il loro tempo prezioso emarginandosi, vivendo la propria esistenza nella più profonda solitudine pur essendo, con il mouse in mano, a contatto con il mondo intero.
Non so come comportarmi, mi hanno spiegato che bisogna essere se stessi, normali come nella vita di tutti i giorni.”  
Ne è passato di tempo da allora, giorno dopo giorno sono cresciuto mi sono formato.
Non è facile essere volontario, bisogna crederci perché nessuno ti obbliga a farlo, lo fai perché lo hai scelto tu, liberamente, disinteressatamente. Stare accanto, a chi è meno fortunato di te, farsi un po’ carico della loro sofferenza, diventare amico, confidente, non è facile, ma piano piano ci sono riuscito. Ne ho vissute di esperienze dure, dolorose, insieme a chi tendeva la mano alla ricerca di un appoggio che, spesso, non trovava. Tante volte mi è capitato di leggere dentro quegli occhi la disperazione, lo sconforto, la solitudine. Quando si convive con la sofferenza spesso si rimane da soli.  Solo chi ha fede riesce a trovare nel buio della propria esistenza un barlume, l’unico punto di riferimento capace di alleviare la sofferenza ed avere la consapevolezza di non essere solo.

giovedì 7 aprile 2011

L'America insegna........

I tre milioni di disabili italiani attendono che un po' di America arrivi anche qui

È andando per le strade, entrando nei ristoranti, negli alberghi, negli aeroporti, passeggiando lungo una spiaggia che ci accorge che qui le cose sono diverse, che le diseguaglianze sono un valore, un'opportunità, che l'handicap non è un peso ma è una leva per lo sviluppo economico. Questa volta mi è capitato di girare in lungo e in largo per la Florida: da Orlando a Tampa, da Clearwater a Venice e poi a Miami Beach, a Cocoa Beach, passando per Palm Beach, fino al Kennedy Space Center di Cape Canaveral. L'occasione di una convention a Orlando, dove c'erano oltre 130 ditte espositrici e poi la visita ad alcune aziende mi hanno fatto respirare un'aria di primavera, e non solo in senso climatico. Le cose stanno cambiando: sempre più le tecnologie utili alle persone disabili sono le tecnologie di tutti. E non so se complici la crisi o la malattia di Steve Jobs, certo è che l'azienda della mela morsicata è davvero in prima fila nell'innovazione. Come dire che non serve essere un'azienda dedicata ai disabili per fare le cose che servono anche ai disabili. È questa la prima grande novità che emerge dall'ATIA (Assistive Technology Industry Association) 2011. Da ora in poi tutto non sarà più come prima. La Cina, la Corea, il Giappone sono ben presenti con prodotti nuovi, competitivi oltre che nel prezzo anche nelle funzionalità e nel design. Ma l'America ha ancora la capacità di anticipare il rinnovamento immettendo sul mercato prodotti davvero innovativi come l'iPhone che possono utilizzare anche i ciechi o l'iPad come comunicatore per chi non parla o una stampante di una ditta dell'Oregon che produce insieme stampa di qualità a colori, braille e disegni a rilievo.

Ma quel che sorprende, accanto alla tecnologia, al movimento economico e di occupazione ad essa collegato, è l'attenzione rivolta alla soddisfazione dei bisogni delle singole persone anziché delle organizzazioni come avviene in Italia. Lì ci sono tante associazioni, fondazioni, enti e ci sono le federazioni per far sintesi dei bisogni, dei progetti, delle politiche. Non ci sono monopoli emarginanti e qual che è più evidente è che le persone disabili, senza vergogna, sono visibili nei ristoranti, come in spiaggia, nei night club come nei parchi divertimenti.

L'assenza delle barriere architettoniche è un must nei resort dove mi è capitato di soggiornare, non una o due camere, ma le camere, come tutti gli altri spazi fino alla spiaggia, sono accessibili ed è consuetudine trovare il semaforo parlante o la persona che ti accompagna se sei da solo e devi magari fare la pipì prima di prendere un volo. Una terra che non ha quasi nulla se non il sole. Dove la capacità di intraprendere è riuscita a creare grandi cose capaci di attirare milioni di persone e muovere masse rilevanti di denaro. E in tutto questo anche chi è in carrozzina o è cieco o sordo ha il suo spazio naturale insieme a tutti gli altri. E dire che noi abbiamo chiese, palazzi, borghi, e paesaggi mozzafiato che la natura ci ha donato e non sappiamo valorizzarli. Chiudiamo i musei nei giorni di festa, quando la gente potrebbe visitarli; non sappiamo come dare impulso al settore delle costruzioni e lasciamo i disabili reclusi nelle loro case o peggio, nei ghetti appositamente costruiti perché non abbiamo la capacità di "sbarrierare". Chiudiamo le imprese manifatturiere perché non abbiamo l'intelligenza di costruire anche per i disabili, quasi che per un retaggio culturale sia peccato trarre profitto e guadagno dalle disgrazie altrui. E allora viva l'America, che ha fatto delle disgrazie motivo di crescita collettiva, che ha saputo guardare alle diversità con disincanto, rendendo uguali tutti i bisogni e impegnandosi con intelligenza al loro soddisfacimento. I tre milioni di disabili italiani attendono che un po' di America arrivi anche qui e sarà davvero occasione per dare respiro, una scossa, questa volta sì vera, all'economia accrescendo il benessere di tutti. Dobbiamo incominciare a pensare al futuro e non vivere più solo di presente. Dobbiamo riconvertire rapidamente la spesa sociale di pensioni e indennità oggi passiva all'85% in servizi, in strumenti in consumi e quindi in occupazione e movimentazione di denaro. Solo così anche qui da noi le persone disabili saranno una risorsa e le "disgrazie" si trasformeranno in opportunità e si creeranno le condizioni per una società più egualitaria e giusta.

Davide Cervellin, presidente della Commissione handicap di Confindustria

domenica 3 aprile 2011

Insegnanti di sostegno

 "Discriminatori i tagli al sostegno

A gennaio per la prima volta in Italia un Tribunale aveva ritenuto che l'insufficiente assegnazione di ore di sostegno costituisse una vera e propria discriminazione a danno degli alunni con disabilità e non solo una lesione del diritto allo studio. Il ministero dell'Istruzione aveva fatto ricorso, ma i giudici hanno ora confermato la loro decisione: ordinato il ripristino delle ore. Il legale: "Messa la parola fine"
MILANO - Hanno vinto. Le 30 famiglie di alunni con disabilità, che in Lombardia hanno denunciato per discriminazione il ministero dell'Istruzione per i tagli alle ore di sostegno nell'anno scolastico 2010-2011, hanno vinto anche il processo di appello. Dopo la prima sentenza favorevole per gli alunni, nel gennaio scorso il ministero aveva presentato ricorso, ma il collegio giudicante, composto dai magistrati Angela Bernardini e Maria Luisa Padova, ha ritenuto che la riduzione delle ore di sostegno sia una forma di "discriminazione indiretta" che lede il diritto allo studio. Le famiglie erano sostenute nella loro battaglia giudiziaria dalla Ledha.
Per i giudici di Milano si tratta di una discriminazione perché ai tagli che colpiscono gli alunni con disabilità "non corrisponde una proporzionale contrazione della didattica destinata ai soggetti non svantaggiati". Dunque le ore di lezione si tagliano a tutti o a nessuno. "In questo modo - sottolinea Alberto Guariso, legale delle famiglie - i giudici hanno messo la parola fine alla questione: e dato che le ore ordinarie di lezione non si possono certo ridurre, il ministro Gelmini non potrà più diminuire quelle di sostegno". Il Tribunale di Milano ha pertanto ordinato al ministero dell'Istruzione, agli uffici scolastici provinciale e regionale e alle scuole in cui i 30 ragazzi sono iscritti (si tratta dell'istituto comprensivo "Cavalieri", della primaria "Ferrante Aporti" e dell'istituto tecnico "Abe Steiner") di ripristinare le ore di sostegno di cui usufruivano nell'anno scolastico 2009-2010.
Subito dopo la prima ordinanza, la Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità), che come detto ha sostenuto con il proprio servizio legale la battaglia giudiziaria dei genitori degli alunni con disabilità, aveva sottolineato la particolarità rivoluzionaria della decisione, perché "per la prima volta in Italia" un Tribunale aveva ritenuto che "l'inadeguata ed insufficiente assegnazione delle ore di sostegno costituisse una vera e propria discriminazione a danno degli alunni con disabilità e non solo una lesione del diritto allo studio e all'inclusione scolastica". Il che rappresentava "una svolta nella tutela dei diritti degli alunni con disabilità". Più che non il risultato concreto raggiunto, cioè il ripristino delle ore, l'importanza del pronunciamento milanese stava nelle motivazioni che accompagnavano il giudizio e il riferimento alla legge 67/2006, che stabilisce che "le persone con disabilità non possono essere discriminate rispetto ai diritti fondamentali" (fra i quali ecco rientrare anche il diritto all'istruzione) e che sancisce la possibilità per le persone con disabilità e familiari di presentare direttamente ricorso congiunto con le associazioni. Il che costituisce un "fattore di straordinaria importanza senza precedenti".
Dal canto suo, il vicepresidente della Fish Salvatore Nocera fa notare che l'ordinanza del Tribunale si basa sul confronto fra le ore di sostegno dell'anno in corso e quelle dell'anno precedente, di fatto vietando una riduzione di ore portata avanti in modo discriminatorio. E' certo dunque - afferma - che "la procedura discriminatoria è percorribile in caso di riduzione delle ore di sostegno" ma "rimane da verificare se i Tribunali civili ravviseranno in futuro la stessa discriminazione in caso di assegnazione fin dall'inizio di uno scarso numero di ore di sostegno, cosa più complessa da dimostrare come discriminazione". L'opinione del vicepresidente Fish è che possa comunque raffigurarsi la discriminazione per un numero ridotto di ore, valutate non rispetto a quelle dell'anno precedente ma rispetto ai bisogni dell'alunno: "Occorrerà però dimostrare - precisa Nocera - il fabbisogno effettivo del numero di ore".
Tratto da SuperAbile INAIL