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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

mercoledì 31 ottobre 2012

Invalidità, l'ultima vergogna.


Una recente manifestazione nel Veneto
Di Franco Bomprezzi
Oggi sono di nuovo in piazza Monte Citorio. Le persone con disabilità, le loro associazioni, assieme a tutto il mondo del volontariato e del terzo settore. Una mobilitazione preceduta da tante iniziative dettate dall’angoscia, come lo sciopero della fame di decine di persone in stato di gravità, sospeso solo dopo la promessa di un incontro e di un rifinanziamento del fondo per la non autosufficienza, che peraltro ancora non è sicuro, fino a quando la legge di stabilità non uscirà approvata dai due rami del Parlamento. Un presidio anche a Milano, in una giornata fredda e umida, quando la saggezza e il buon senso consiglierebbero a tante persone la cui salute è sicuramente a rischio un comportamento prudente. Io, ad esempio, appena uscito dalla prima bronchite di stagione, ho dato forfait e mi sento quasi in colpa. Ma cerco di farmi perdonare scrivendo qui, su InVisibili, di una nuova vergogna, forse sventata, che stava per abbattersi su tutte le famiglie nelle quali vive una persona con disabilità certificata nel passato o ancora in attesa di certificazione.
La Commissione Affari Sociali della Camera sta infatti esaminando un testo di fondamentale importanza, del quale l’opinione pubblica, come sempre accade per le questioni più delicate e meno “spettacolari”, è totalmente tenuta all’oscuro. Stiamo parlando delle nuove “tabelle indicative delle percentuali di invalidità per le menomazioni e le malattie invalidanti”. Nuove, ma vecchissime per cultura e concezione politica che le ha prodotte. Un lavoro lungo e oserei dire terrificante, portato avanti con spregiudicata baldanza da chi, ormai da tempo, lavorando in funzione degli interessi dichiarati del Ministero dell’Economia e dell’Inps, braccio operativo di queste operazioni, vuole riformare l’intera modalità di accertamento dell’invalidità civile, non in funzione del diritto alla salute e ai migliori servizi per i cittadini, ma puntando al bersaglio grosso del taglio della spesa sociale, attraverso criteri spesso vessatori, interpretazioni prive di sostegno scientifico, sistematica ignoranza di quanto ha prodotto in questi anni la cultura medica, scientifica e sociale, a livello di Organizzazione Mondiale della Sanità e persino di Onu, attraverso la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, che è legge dello Stato italiano.
Lo scopriamo adesso grazie a una vera e propria incursione della Fish, la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, che magari non si dedica a clamorose iniziative finalizzate all’audience dei telegiornali, ma lavora da sempre con competenza e tenacia, marcando da vicino i legislatori di turno, e riuscendo, in questo caso, a essere convocata, con i propri rappresentanti, per una audizione in Commissione Affari Sociali. Sul tavolo dei parlamentari, che immagino attoniti e imbarazzati, in quattordici cartelle fitte di argomenti e di citazioni corrette, la Fish ha smontato il mastodontico lavoro prospettato come grande riforma dal ministro della Salute, di concerto con il ministro del Lavoro e con il ministro dell’Economia. Se andate a consultare il sito della Fish, all’indirizzo www.fishonlus.it, potete accedere direttamente a entrambi i documenti, quello del Governo e lecontrodeduzioni delle associazioni. E’ una lettura difficile ma importante, perché tocca le vite di oltre due milioni e mezzo di italiani, che vivono la disabilità in situazioni diverse, con prospettive di vita differenti, con bisogni e diritti tutti da conquistare, giorno per giorno.
Il risultato di questa audizione la dice lunga: parlamentari di tutti i gruppi della maggioranza (Pd, Pdl e Udc) hanno sostanzialmente convenuto che forse è meglio ripensarci, e addirittura ritirare il testo del decreto. Insomma, buttarlo via e ricominciare da capo. Perché? In pratica il testo utilizza scale di valutazione dell’invalidità basate soprattutto sul concetto di “incapacità lavorativa”, ovviamente basata su un lavoro che non c’è più, quello del secolo scorso. Non solo, i grandi esperti di ben tre ministeri (ma quanto li paghiamo per produrre queste miserie culturali?) riducono la valutazione dei requisiti per la famosa indennità di accompagnamento alle capacità di autonomia nel proprio ambiente domestico! Sostenendo che valutare anche l’autonomia “in esterni” sarebbe troppo complesso e non valutabile. Ma a che cosa sono serviti anni di leggi, di convegni, di cultura dell’inclusione sociale delle persone disabili, persino di lavoro sulla definizione stessa di “disabilità”, che appunto è un concetto in continua evoluzione e si basa sul rapporto tra una menomazione e l’ambiente, le barriere, le fonti di discriminazione?
Se questo è il lavoro dei “tecnici” forse si comprende meglio quanto bisogno ci sia di un ritorno alla politica competente, all’attenzione ai cittadini, alle loro esperienze, alla loro cultura. Se davvero il ministro Balduzzi, come gli verrà chiesto sia dalle forze parlamentari che dalla Fish, ritirerà il decreto, dimostrerà quanto meno una onestà intellettuale e umana che tutti gli riconoscono. Ma sarà anche la conferma che si sono persi tempo e denaro senza affrontare seriamente un problema reale, non puntando solo a far cassa, ma cercando di rendere moderno ed equo un sistema di certificazione vecchio, burocratico, ipertrofico, costoso e di fatto inefficace e ingiusto.

lunedì 29 ottobre 2012

Sesso Amore & Disabilità

Un documentario per sfatare un tabù 

L’affettività delle persone disabili raccontata senza veli in 36 video-interviste che sono diventate un lungometraggio.

MILANO - Oltre 9mila chilometri in giro per l’Italia allo scopo di raccogliere, telecamera alla mano, quello che le persone disabili dicono o non dicono in merito a sesso, amore e affettività. Il risultato sono 36 video-interviste, dalla Lombardia alla Calabria isole comprese, che sono diventate un film-documentario. È «Sesso, amore e disabilità», il progetto ideato e voluto da Adriano Silanus e Priscilla Berardi, rispettivamente regista e psicoterapeuta, realizzato grazie alla collaborazione del Centro documentazione handicap e dell'associazione Biblioteca vivente di Bologna, di Luca Cresta e Claudio Pacini, autori di colonne sonore per il cinema e la televisione che hanno donato le musiche per il lungometraggio, e grazie alla raccolta fondi ancora in corso promossa da Produzioni dal basso. L’anteprima nazionale del video (martedì 30 ottobre alle 18 in Sala Borsa) è stata inserita all'interno del Festival Gender Bender. 
UN TEMA SOTTO SILENZIO – Le storie, i volti e le voci dei 36 protagonisti (tra cui anche alcuni medici, psicologi e genitori) raccontano, senza preconcetti ma con onestà e franchezza, i bisogni sia del corpo sia dello spirito che della mente affrontando argomenti anche «tabù» come l’omosessualità delle persone disabili, il ricorso alla prostituzione, le assistenti sessuali esistenti in alcuni paesi del Nord Europa e i devotee (coloro che prediligono rapporti sessuali con persone in carrozzina o amputate). La vita sessuale e affettiva delle persone con disabilità, infatti, è un tema messo spesso sotto silenzio e su cui si addensano frequentemente veti, imbarazzo, equivoci, ignoranza e pregiudizi. Ecco allora che l’obiettivo del documentario è quello di «dare visibilità, attraverso le testimonianze dirette di esperienze reali e vissuti personali di uomini e donne, a un argomento di cui non si parla molto come il rapporto tra sessualità, relazioni sentimentali e disabilità. Per raggiungere il fine ultimo di contribuire, così, all’affermazione di un diritto individuale che deve essere di tutti», fanno sapere i promotori del progetto. 
TRA SOCIALE E CULTURALE – Dopo le fasi di post produzione e montaggio, «ora il lungometraggio è pronto», spiega il regista. Prevista anche la sottotitolazione «per le persone non udenti e quella in altre quattro lingue per consentirne una diffusione in quasi tutta Europa», continua Adriano Silanus. Per quanto riguarda la distribuzione, invece, «abbiamo pensato a un doppio canale sociale e culturale insieme: da una parte un dvd gratuito per le associazioni, le università, le scuole e i cinema d’essai che ne faranno richiesta e dall’altra la partecipazione a rassegne, festival e concorsi cinematografici», allo scopo di uscire dai dibatti a porte chiuse tra gli addetti ai lavori e cercare di raggiungere, nonché di sensibilizzare, più pubblico possibile. Il progetto – «che non ha scopo di lucro», ci tiene a sottolineare il regista – ha scelto di concentrarsi solo sulle disabilità fisiche e sensoriali, sia congenite sia acquisite, ritenendo che le disabilità intellettive meritino un discorso a parte. Per saperne di più sul film documentario e per vedere il trailer:  http://www.sessoamoredisabilita.it/

Michela Trigari
Tratto da www.corriere.it

domenica 21 ottobre 2012

Bertolucci: nuova voce a favore della disabilità.

«Diventare disabile significa entrare in una condizione nuova e difficile. All’inizio mi sono auto-recluso, poi grazie anche al mio nuovo film, ho scoperto che potevo avere una vita normale». Firmato il premio Oscar Bernardo Bertolucci. Poche parole per raccontare una nuova vita, quella di chi, per malattie o traumi si siede su quella poltrona con le ruote che, più o meno confortevolmente, accompagna la quotidianità di 250 mila italiani. Benvenuto Maestro… benvenuto in un girone infernale fatto di gradini, sguardi incuriositi, diritti calpestati… di ex presidenti di società pubbliche che bucano le gomme.
Nel leggere sul blog di Fiamma Satta Diversamente Aff-abile la sua testimonianza ho pensato: «Caspita, un altro grande che si accorge delle difficoltà di vivere la disabilità nelle città italiane…» (leggi Bertolucci ad Alemanno: «Caro sindaco,lei umilia ogni giorno i disabili»). Eh sì, un’altra freccia nella faretra di chi contro le barriere architettoniche infrange i propri sogni, i propri diritti, la propri voglia di vivere. Come Pino Buongiorno, grande inviato che ha raccontato al settimanale Oggi e su questo blog la sua storia di neo disabile, come Candidò Cannavò che con il suo libro E li chiamano disabili ha aperto una finestra sul mondo della disabilità oppure come Stephen Hawking icona vivente di quanto possa essere grande l’abilità nella disabilità.
Benvenuto Maestro, perché come fa dire a Lorenzo, adolescente difficile del suo nuovo film, «Normale vuol dire niente». Esistono molteplici normalità e lei ce lo ricorda: «Confesso di avere sempre provato affetto e curiosità per tutti coloro che vengono definiti “diversi”: socialmente, culturalmente e sessualmente. Il mio lavoro mi ha portato molto lontano e ogni volta mi sono innamorato delle culture che andavo scoprendo, così diverse dalla mia». Ha mai pensato che potesse esistere una cultura della disabilità? Esiste, è nascente, è frutto della consapevolezza che le persone con disabilità sono prima di tutto Persone.
Lei Maestro lo ha dovuto capire sulla sua pelle, cosa significa diversità. E’ entrato in una nuova condizione, si è autorecluso elaborando l’intimo lutto della sua nuova vita e poi si è riaperto con curiosità al mondo. Ma non tutti ce la fanno. Non tutti trovano la forza e la voglia di rialzarsi moralmente in piedi. Lei ha affrontato a muso duro il sindaco Alemanno accusandolo di «Umiliare i disabili» sfruttando per una giusta causa il tam tam dei media, strumento che migliaia di invisibili non riescono ad avvicinare. Lei Maestro ha gridato dai giornali «Caro Sindaco, Lei chiude la porta in faccia a tutti quei turisti, e non credo siano pochi, che arrivano in sedia a rotelle per visitare il famoso Campidoglio. Forse non se ne rende conto ma Lei ogni giorno, puntualmente, manca di rispetto a chissà quanti disabili…». E non solo turisti.
Pensi e guardi con attenzione a quelle famiglie accampate davanti ai palazzi dei potenti a protestare… alle loro voci rese silenziose dall’indifferenza, dalla voglia di non vedere. Pensi a quelle madri e padri che assistono i figli non autosufficienti e che non sanno a chi affidare il proprio figlio una volta che saranno defunti. Caro Maestro ora lotti con noi per vincere le battaglie più importanti per chi vive una disabilità e non ha la forza per reagire.
Tratto da invisibili.corriere.it 
 

lunedì 8 ottobre 2012

“10 Anni di FIABADAY: dal mondo dei disabili e normodotati ad una Società per tutti!


SCENARIO DI RIFERIMENTO
Dal disabile alla persona….dalla diversità alla normalità….dalla discriminazione alla integrazione… dalle barriere alla Progettazione Universale.... verso la Total Quality, per una Società per tutti!
La “Giornata Nazionale FIABADAY per l’abbattimento delle barriere architettoniche” festeggia quest’anno il decimo anniversario e FIABA la celebra, ripercorrendone le tappe più significative, evidenziando quei valori, concetti, intuizioni, esperienze e presenze che nel corso del tempo hanno dato significato e sostanza alla manifestazione, improntata al cambiamento culturale radicale del modo di concepire la disabilità e l’ambiente di vita.

FIABA:una risposta possibile per una cultura senza barriere!

Il 29 Settembre 2002 comincia la storia di FIABA: un tour in camper lungo un mese che, partendo da Roma, ha toccato i 20 capoluoghi di Regione allo scopo di sensibilizzare i cittadini, le istituzioni, le forze sociali, il mondo produttivo sul problema dell’abbattimento delle barriere architettoniche. Tale iniziativa ha permesso di sottoscrivere Protocolli d’intesa con le Regioni, le Province, i Comuni sede di capoluogo e i Prefetti, dando l’avvio a tavoli d’azione con gli enti firmatari. I risultati del FIABA Tour sono stati poi divulgati nel corso di un Forum organizzato il 22 Gennaio 2003 presso la sede del CNEL.
Dal disabile alla persona…Il messaggio di FIABA si presenta subito innovativo, in linea con quanto già definito nel 2001 dalla classificazione ICF dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Per FIABA non esistono gruppi di persone con caratteristiche da catalogare ma esiste “la persona” con tutte le sue qualità e peculiarità e la disabilità non è il problema di una minoranza né l’unico ostacolo che una persona incontra nel corso della propria vita…dalla diversità alla normalità… Tutti siamo diversi e proprio perciò tutti siamo uguali e l’uguaglianza implica, quindi, pari dignità e pari opportunità. La diversità unisce e arricchisce la collettività; sono le differenze che invece separano e creano disuguaglianze. Tutti siamo unici e perciò a tutti, proprio per la unicità che viene rappresentata, deve essere garantito di vivere la propria vita e l’ambiente in cui s’interagisce senza problemi e ostacoli…dalla discriminazione alla integrazione…Per FIABA è fondamentale ripensare, arricchire e sviluppare la relazione tra persona e ambiente, in quanto le caratteristiche qualitative e quantitative di quest’ultimo, hanno un impatto sulla persona e sulla partecipazione alla vita sociale. Senza una piena ed effettiva integrazione ed inclusione all’interno della società, si ledono i diritti umani, il rispetto per la dignità della persona..dalle barriere alla Progettazione Universale…FIABA si propone di abbattere tutte quelle barriere, da quelle architettoniche a quelle culturali, psicologiche e sensoriali, che precludono la possibilità di godere e di vivere l’ambiente in tutte le sue forme e caratteristiche. Per questo promuove la fruibilità universale e la progettazione di ambienti totalmente accessibili secondo i principi della Progettazione Universale, o Universal Design, una filosofia di progettazione che non si limita alla eliminazione delle barriere ma che si pone come obiettivo quello di superare la “discriminazione della progettazione” e di fornire una piena partecipazione sociale a tutti i cittadini. Verso la Total Quality, per una Società per tutti… Negli ultimi anni FIABA sta tracciando un percorso che tocca e si prospetta verso tutti gli ambiti della vita per affermare una nuova visione di welfare che consideri al primo posto la “Total Quality della vita”. La Total Quality è la qualità percepita da una persona; la qualità totale, che se applicata all’intera società permette di arrivare ad una vivibilità ottimale dell’ambiente per tutti. La Total Quality è a 360 gradi. Trasporti, turismo, sanità e scuola: sono i settori strategici su cui è importante intervenire per creare qualità. In ogni settore della vita però si deve ambire alla Total Quality poiché si tratta di diritti sanciti, oltre che dalla nostra Carta Costituzionale, anche dalla Convenzione Onu sui diritti umani e sulle pari opportunità. FIABA ha messo in pratica i principi cardine della Qualità Totale, promuovendo l’istituzione in seno alle amministrazioni regionali, provinciali e comunali di “Cabine di regia per la Total Quality” che hanno la funzione di coordinare le iniziative locali, individuare le criticità presenti sul territorio per garantire il superamento di tutte le barriere e la costruzione del “nuovo” ad accessibilità globale.

venerdì 5 ottobre 2012

Giuseppe Lo Muscio. Un.....diversamente normale

«Nonostante tutto non rinuncio al basket, anche su una sedia a rotelle»



Chiamarsi Giuseppe Lo Muscio. Avere 22 anni, abitare a Caselle Torinese, tifare in modo sfegatato il Toro, passare il tempo su Facebook e giocare in una squadra di basket…nulla di eccezionale, no? Sembrerebbe la fotografia di un adolescente qualunque, se non fosse che per un piccolo particolare: una carrozzina. Due ruote che catapultano immediatamente sotto un’altra etichetta: “disabile”. O “diversamente abile”.
A te piace quest’ultima definizione, Giuseppe?
«Ultimamente si usa di più questa definizione, al posto di “disabile”; ma a me non piace molto, perché nel nome stesso c’è il termine “diverso”, che mi fa sentire separato a prescindere dal resto delle persone. Invece io mi sento uguale, soprattutto a livello interiore: provo dei sentimenti, mi piace lo sport, ho delle passioni…in cosa quindi sarei diverso da qualsiasi altra persona? Certo ho dei limiti fisici che mi impediscono di poter svolgere tutto quello che vorrei, o comunque di poterlo fare da solo. Ma entro i miei limiti, e se possibile anche oltre, io voglio provare tutto!»
Parlaci delle tue passioni: come le vivi?
«Amo lo sport in generale, ma in particolare quello praticato da disabili: aver visto Oscar Pistorius (il campione paralimpico sui 100, 200 e 400 mt piani) gareggiare alle Olimpiadi di Londra nei 400 mt piani, anche se è arrivato ottavo, mi ha emozionato moltissimo; a livello simbolico il suo ingresso in una gara che è sempre stata per normodotati ci ha colpiti tutti, perché significa l’inizio di una nuova era. Per il resto sono un gran tifoso del Toro: a volte mi capita di riuscire ad andare a vederlo in qualche trasferta, ma quando gioca in casa non ne perdo una! Mi reco sempre allo stadio nella tribuna attrezzata per i portatori di handicap: del trasporto e del resto si occupa il Club “Tori Seduti”, al quale sono iscritto (gestito dall’associazione sportiva “SportDiPiù”), che si occupa di incoraggiare e diffondere la pratica sportiva tra le persone con disabilità fisica: non solo il calcio, ma anche l’atletica, l’handbike, il canottaggio, la scherma, il tennis, l’hockey, lo sci nordico, quello alpino e il curling. Io personalmente pratico il basket in carrozzina nella società sportiva UICEP Torino, ma al di là di questo penso che la cosa più importante sia di informare le persone in situazione di handicap che hanno moltissime possibilità per seguire le loro passioni e superare i loro limiti, se solo lo vogliono. E’ uno dei motivi per cui come tesina per la quinta superiore, che ho fatto all’IPSCTS “I.P. Giulio” di Torino, ho deciso di affrontare il tema dello sport nel mondo dei disabili, e la commissione l’ha apprezzato tantissimo. Quello che più mi dispiace, infatti, è vedere pochi disabili in giro per Caselle: io so che ci sono, ma perché restano chiusi in casa? Perché si vergognano? Dovrebbero uscire, confrontarsi coi normodotati e non, al contrario, avere paura di loro! Il confronto con i normodotati li arricchirebbe molto, li aiuterebbe a superare i loro limiti, a dare il massimo, a ricevere anche aiuti e consigli».
Io pensavo che fosse più facile che l’imbarazzo, la paura, se vogliamo chiamarla così, fossero dei normodotati. Tu non credi?
«Ma è normale che i normodotati non s’avvicinino a noi di loro spontanea volontà! Non sanno cosa vuol dire essere disabili, non avendolo mai provato, e quindi non sanno, giustamente, come comportarsi: dobbiamo essere noi disabili ad andare da loro, raccontare la nostra storia e quindi noi stessi, e creare un ponte! Quando ho cominciato la scuola superiore i miei compagni mi stavano lontani; sono stato io ad andare da loro, a dire: “Ciao, sono Giuseppe, ti spiego perché sono in carrozzina e cosa vuol dire viverci”, e da lì è nata la nostra amicizia. Con la scuola abbiamo anche creato un cortometraggio, intitolato “Come un vulcano” (n.d.r.: regia di Federico La Rosa, premiato al Sottodiciotto Film Festival), proprio sul tema della disabilità ma vissuto al contrario: un nostro compagno ha dovuto recitare in carrozzina (la storia narra di un giovane che dopo un incidente si trova a dover ridare un senso alla propria vita), ed è stata un’enorme esperienza per noi in carrozzina spiegargli il nostro mondo, e per lui doverlo vivere per il tempo delle riprese».
Quindi secondo te devono essere i portatori di handicap ad “avere pazienza” e andare incontro alle altre persone?
«Assolutamente si. Tant’è che con la mia famiglia e altre di Caselle abbiamo in passato aperto lo sportello informa handicap, presso l’informagiovani di via Torino 1, e nel corso degli anni abbiamo deciso di dare vita a una cooperativa sociale che ora si è trasformata in associazione, “La Stella Polare” l’obiettivo di “La Stella Polare” è organizzare iniziative che agevolino le informazioni ai disabili e alle loro famiglie, che promuovano lo sport per disabili e che semplifichino e medino l’avvicinamento tra disabili e normodotati. Per questi motivi abbiamo scritto un libro intitolato “Disabile, chi io?! – guida informativa sul mondo della disabilità”: il fine è aiutare persone in situazione di handicap e le loro famiglie a muoversi in modo consapevole nei vari ambiti della vita di un disabile: scuola, sanità, tecnologie, sport e tempo libero, vacanze, trasporti e mobilità…, Ma il libro può servire a qualsiasi altra persona a comprendere meglio il nostro mondo, le nostre esigenze e i nostri bisogni. Inoltre l’associazione organizza un corso di computer a Caselle aperto a chiunque, e diverse iniziative sportive all’interno delle manifestazioni della città di Caselle, come “A ruota libera”, che nel 2013 sarà alla sua decima edizione».
Ti sei mai sentito scoraggiato, hai mai pensato “No, è troppo difficile, non ce la faccio, getto la spugna”?
«No. Mai. Forse in ciò sono davvero un “diverso”, ma in questo caso ne vado fiero».
Tratto da
 

Notiziario on line di Ciriacese, Canavese, 
Valli di Lanzo e cintura Nord di Torino
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martedì 2 ottobre 2012

Caro Saviano, sei diversamente bravo.

Caro Saviano,

(http://invisibili.corriere.it/2012/10/02/caro-saviano-sei-diversamente-bravo/)
 Sei proprio “diversamente bravo”. Come dici? Perché “diversamente”? Beh, se io sono “diversamente abile” tu sei “diversamente bravo”, così ce la giochiamo alla pari. Non ti piace? Ci credo. Perché o uno è bravo o non lo è. Come per me: o sei abile o non lo sei. Io, modestamente, preferisco essere chiamato per nome. Mi chiamo Franco, ho 60 anni, ho gli esiti della stessa patologia di Michel Petrucciani, ma “diversamente” da lui non suono il pianoforte. Le mani sono lunghe e forti, e le uso per picchiare sui tasti del computer, e anche per fare altre cose, sulle quali non mi dilungo.

Ma se proprio mi devi chiamare, per favore, preferisco di gran lunga “persona con disabilità”. Qui lo abbiamo scritto e ripetuto, spiegando il perché. Ma evidentemente siamo ancora “Invisibili” per i “diversamente bravi”. Allora con pazienza ecco qualche piccola osservazione, se non ti offendi. “Persone” con “disabilità”, perché la disabilità dipende non solo dagli esiti di una malattia, di un incidente, di una situazione congenita, ma dal contesto sociale e ambientale nel quale si è inseriti. Se continuiamo a pensare che la disabilità sia qualcosa di “diverso”, addirittura una grande opportunità per sviluppare “diverse abilità”, facciamo un grave torto a quei milioni di persone nel mondo che ogni giorno si battono solo per vedere rispettati i propri diritti di cittadinanza alla pari degli altri, anche se non sono bravi come Petrucciani, per dire.

L’Onu infatti scrive proprio la Convenzione sui diritti delle “persone con disabilità”. Questione di parole? No, di sostanza. Dietro le parole ci sono le idee, i pregiudizi, gli schemi mentali. Compresi i tuoi, di “diversamente bravo”. Mi occupo anche io di comunicazione da tanto tempo, e ho analizzato con “diversa modestia” il tuo lavoro di ieri sera. Hai scelto un tema di grande presa, ma anche molto trascurato dai media. Bravo. Lo hai fatto con passione e sincero spirito costruttivo. Bravissimo. Hai raccontato la storia di Michel Petrucciani che farebbe commuovere anche Fiorito appena entrato in carcere. Applausi, standing ovation.

Ma lo hai fatto dall’alto. Dall’altra parte del mondo. Nel tuo tono, perdonami, c’è quasi un atteggiamento predicatorio. Ci hai “sdoganati” in prima serata, e te ne siamo grati (insomma, così così). Ma le tue corrette e opportune notazioni sui tagli ai bilanci pubblici e ai servizi, l’apprezzamento giustissimo per i campioni delle Paralimpiadi, la valorizzazione di un fenomeno come Petrucciani, sono tutti elementi splendidi cuciti però con il filo della retorica e del sentimento.

So già che i tuoi appassionati sostenitori insorgeranno, ma io parlo a te, e vorrei sinceramente che tu cogliessi queste mie riflessioni, da giornalista a rotelle, per approfondire di più, per scavare dietro le notizie, per non cadere nella trappola delle parole. Pensa che “diversamente abili” è proprio l’espressione preferita da quei politici che tu ami criticare. A loro infatti suona benissimo, perché gli consente di far bella figura (proprio come te ieri sera da Fazio) senza bisogno di andare al cuore dei problemi e dei diritti delle “persone” che possono anche essere del tutto “non abili”. Ma non per questo hanno meno diritto di cittadinanza, meno dignità.

Caro Saviano, benvenuto tra noi. Ma se mi posso permettere una piccola osservazione finale: parla un po’ “diversamente”. Magari sei più efficace.

Con simpatia,
Franco
 Di Franco Bomprezzi
Tratto da invisibili.corriere.it
 Concordiamo perfettamente con l'autore di questo articolo. Da tanto tempo ripetiamo, e non ci stancheremo mai di farlo, che non esistono handicappati , soggetti deboli, soggetti svantaggiati, diversamente abili, ma solo ed esclusivamente PERSONE CON DISABILITA'.