.

Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

martedì 29 gennaio 2013

DONIAMO UN SORRISO


Video di presentazione delle attività di InHoltre 
per i bambini e gli insegnati 
della scuola elementare G. Mallamaci
di Motta San Giovanni (RC)



domenica 27 gennaio 2013

AKTION T4


Tratto da Wikiperdia
L'Aktion T4 fu il nome dato dopo la seconda guerra mondiale al Programma nazista di eutanasia che sotto responsabilità medica prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche, inguaribili o da più o meno gravi malformazioni fisiche. Si stima che l'attuazione del programma T4 abbia portato all'uccisione di un totale di persone compreso tra le 60.000 e le 100.000. Per quanto concerne la sola terza fase dell'aktion T4, i medici incaricati di portare avanti l'operazione decisero di uccidere il 20% dei disabili presenti negli istituti di cura, per un totale di circa 70.000 vittime. Ad ogni modo l'uccisione di disabili proseguì anche oltre la fine ufficiale dell'operazione, portando quindi il totale delle vittime ad una cifra che si stima intorno alle 200.000 unità.
T4 è l'abbreviazione di "Tiergartenstrasse 4", l'indirizzo del quartiere Tiergarten di Berlino dove era situato il quartier generale dallaGemeinnützige Stiftung für Heil- und Anstaltspflege, l'ente pubblico per la salute e l'assistenza sociale. La designazione Aktion T4 non è nei documenti del tempo, ma i nazisti usavano il nome in codice EU-AKtion o E-Aktion (E, EU significava eutanasia). Programme di eutanasia fu il nome utilizzato nel processo di Norimberga, sia dai giudici che dai procuratori. Si è utilizzato anche il termine morte per compassione.
Per maggiori dettagli www.olokaustos.org/argomenti/eutanasia/index.htm

Aktion T4 - Vite indegne di essere vissute




Quanto è cambiato da allora a oggi, Hitler usava le camere a gas per eliminare le persone con disabilità, oggi si usano i tagli all'assistenza, l'emarginazione, la ghettizzazione, l'esclusione:
 il tempo passa ma il risultato non cambia!!!!!!!!!!!!!!







sabato 12 gennaio 2013

Ciao mamma Tonina

Simona Atzori: «Così i miei genitori mi hanno insegnato ad andare oltre gli ostacoli»

«Mia madre mi ha regalato le ali
Ho imparato a vivere con serenità»

La ballerina nata senza braccia: ha lottato perché anche gli altri vedessero quante cose avrei potuto fare

Simona Atzori con la mamma ToninaIn questa pagina pubblichiamo un intervento di Simona Atzori, ballerina, pittrice e scrittrice milanese, senza braccia dalla nascita. Simona ha perso la mamma Tonina il giorno della vigilia di Natale. In queste righe racconta il rapporto speciale che ha vissuto con lei e il ruolo fondamentale che sua madre ha avuto nella battaglia combattuta assieme alla figlia per superare le difficoltà e raggiungere traguardi che sembravano impensabili.
«Le sue braccia sono rimaste in cielo e nessuno ha fatto tragedie» ha scritto il grande e caro amico Candido Cannavò, cogliendo in una semplice frase il senso più grande della mia vita. Sono nata così, senza le braccia, da due genitori straordinari che mi hanno accolto senza tragedie, ma con tanto amore e positività. Siamo cresciuti insieme, creandoci un mondo che rispecchiava la nostra prospettiva, con le mie «mani in basso» e con la voglia di trovare il nostro posto in questo mondo, che a volte fa fatica ad accorgersi di quanto sia bello e prezioso il fatto che tutti noi siamo diversi.
Due braccia che all'apparenza non ci sono, ma che diventano 4, poi 8, poi mille e poi infinite perché hanno il desiderio di accogliere tutte le braccia che hanno voglia di donarmi il loro amore e il loro aiuto.
Non so esattamente cosa abbia provato la mia mamma la prima volta in cui mi ha tenuta tra le sue braccia, ma so con certezza che da quell'istante lei mi ha scelta per la seconda volta come sua figlia, per donarmi tutto il suo amore e farmi crescere con serenità.
«Vivi la tua vita con serenità, come ho sempre fatto io», mi ha detto un giorno la mia mamma. Parole preziose che mi accompagnano ogni giorno e che ora hanno acquistato un senso ancora più grande. Insieme a lei sono cresciuta e ho sognato, credendoci così tanto e impegnandomi in ogni momento della mia vita, ma sempre con lei al mio fianco. Quando ci dicevano che non potevo fare qualcosa, io la guardavo e lei mi sorrideva dolcemente e mi diceva «sì» con la testa e non mi serviva altro. Sono diventata una pittrice e una danzatrice insieme e anche grazie a lei, perché non ci siamo mai arrese.
Il 24 dicembre la mia mamma ha concluso il suo viaggio in questa vita. Quando le persone lasciano la terra alla vigilia di Natale si dice che stiano accompagnando la Vergine nella nascita di suo figlio. Il pensiero che lei non abbia smesso di essere madre mi ha dato quel senso di serenità che lei mi aveva augurato. Però non basta, il dolore che si prova quando si perde la propria mamma è qualcosa che non si può spiegare e nemmeno immaginare prima.
Ora ho due braccia in meno. Lei mi ha tenuto stretta tra le sue braccia il giorno in cui sono venuta al mondo ed io le ho tenuto la mano nel suo ultimo respiro. La sensazione di solitudine che mi pervade è immensa, in alcuni momenti è dolorosa anche fisicamente.
Molti dei miei gesti quotidiani erano fatti insieme a lei. Le sue mani erano davvero anche le mie nel modo più spontaneo e sincero possibile. Una sensazione che solo una mamma può provare quando il proprio bambino è piccolo, ma una sensazione che le mamme che hanno un figlio con delle necessità particolari provano tutti i giorni, anche quando i propri figli non sono più bambini. Ora questi gesti mancano come l'aria che respiro e assumono un significato diverso. Ho avuto sei mesi di tempo per abituarmi a questa mancanza, da quando questa malattia ha reso il suo corpo così debole. Sono stati mesi che sono serviti a lei per vedere che potevo farcela e che potevo volare, come lei mi diceva sempre. «Tu devi volare...», ci ha creduto sempre, in ogni istante della sua vita, anche quando aveva tutti contro. Non si è mai arresa e ha lottato insieme a me perché gli altri potessero vedere quante cose la sua bambina sapeva e poteva fare. Ha lottato fino alla fine nel modo più dignitoso e straordinario possibile. Amava la vita e non si poteva arrendere dopo averci creduto così tanto. Il suo corpo non ce l'ha fatta, ma il suo spirito è ancora vivo. È vivo dentro me e tutte le persone che l'hanno amata e apprezzata come donna, moglie, madre, nonna e amica.
Sapevo che ci sarebbe stato un «dopo di lei», ma non lo immaginavo, non così presto e non dopo tanta sofferenza. E ora questo momento è arrivato, non è più un «dopo» ma un «adesso». Sento che mi ha lasciato tutti gli strumenti necessari per vivere e volare come voleva lei, come mi ha insegnato lei e lo devo fare proprio senza di lei. Non so ancora come farò, ma so che lo devo fare anche per lei.
In questi anni di attività artistica sono spesso venuta in contatto con realtà impegnate nel realizzare progetti e servizi per garantire un futuro sereno alle persone con disabilità e ai loro familiari. Progetti importantissimi e fondamentali per molte famiglie che altrimenti non saprebbero come fare. È già difficile per un figlio sopravvivere alla morte di un genitore, poi per un figlio che ha vissuto tutta la vita con l'aiuto amorevole e spontaneo dei suoi genitori, trovarsi senza è come morire. Chissà quante volte la mia mamma avrà pensato al momento in cui non sarebbe più stata lei a «donarmi» le sue mani e quante preoccupazioni che non mi ha mai fatto percepire. In questi anni mi ha aiutato a costruirmi delle basi su cui fondare la mia vita, sapendo che mi avrebbero aiutato anche nel momento in cui lei non sarebbe più stata accanto a me. Lo ha fatto in mille modi e forse solo ora lo comprendo realmente, perché lei non c'è più, ma tutto quello che abbiamo costruito resta e ora sta a me portarlo avanti.
Questa è la prova più grande della mia vita, è come se fossi nata una seconda volta, senza le sue braccia di madre, ma con le braccia di tante altre persone che mi circondano e che non mi permettono di sentirmi sola. Ho tutti gli strumenti per ricominciare questa vita e li ho costruiti tutti con il suo sostegno. Ora devo volare da sola... Ce la posso fare, perché lei ci ha sempre creduto e io continuerò a crederci anche per lei.
Simona Atzori
Tratto dal Corriere.it

giovedì 3 gennaio 2013

REGALO DI NATALE

Il bimbo, il campione e una gamba per correre: che bel Natale per Rio

Rio e il suo regalo di Natale è l’immagine che spiega più mille parole la Paralimpiade e quanto sia importante. Rio e il suo sorriso quando scarta il pacco sotto l’albero illuminato spazzano via ogni dubbio e mille discussioni su quello che lo sport paralimpico riesce a dare in termine di speranza, divertimento, gioia. La sua è stata la storia di Natale dei sei quotidiani più letti in Gran Bretagna, ma ha un sapore universale.
La racconto nel giorno in cui il Corriere della Sera in edicola dedica un largo spazio alla celebrazione dei Giochi Paralimpici, evento sportivo fra i più grandi del 2012, il secondo come numeri dietro l’Olimpiade. La gioia che Rio esprime nelle foto riprese dal profilo di facebook che i genitori gli hanno dedicato potrebbe bastare da sola.
Rio ha quattro anni. Aveva 14 mesi quando gli è stata amputata sopra il ginocchio la gamba destra. Lo scelsero i suoi genitori, Trevor e Juliette, dopo che Rio era nato con una rarissima sindrome (uno su un milione), l’aplasia tibiale,  con la gamba sviluppata senza tibia, ginocchio e caviglia. Ha sempre usato una protesi rigida, che però non gli permetteva di correre. “Questa estate ha passato tanto tempo a vedere la Paralimpiade e i campioni con le ‘gambe speciali’, come le chiama lui”, racconta la mamma. Fra questi vi era è Jonnie Peacock, diciannovenne idolo di casa: prima dello starter della finale dei 100 metri T43-44 (amputati a una o entrambe le gambe sotto il ginocchio), quelli dove lui ha vinto con record del mondo e Oscar Pistorius è finito quarto, per capirsi, c’erano 80 mila persone allo Stadio Olimpico a urlare il suo nome.
Jonnie ha saputo la storia di Rio e lo ha incontrato. Ha messo in contatto Trevor, che fa l’idraulico, e Juliette con una clinica che lavora sulle protesi. La Dorset Orthopaedic si è offerta di aiutarli gratuitamente con una gamba da corsa per Rio del valore di circa 4000 sterline. Un Babbo Natale è andato a casa sua con un pacco strano: c’era una lama in fibra di carbonio decorata con il suo personaggio preferito della tv, il pompiere Sam.
“Mi piace molto la mia gamba ‘speciale’. Ora posso fare un sacco di cose che mai avevo fatto prima”. Per Rio il regalo di Natale più bello, come conferma la mamma: “Sì, un sogno che diventa realtà. Dopo che le aveva provate non smetteva di saltare e correre. Aveva partecipato a piccole gare alla scuola materna e lì avevamo visto quanto gli piaceva correre, pur con le difficoltà delle protesi che aveva prima. Ora non si riesce a fermare. Ama la Paralimpiade e, anche se ha solo quattro anni, penso che ci arriverà”. Dato il ritmo di crescita, ogni 6/9 mesi dovranno essere cambiate. Questo comporterà una spesa ci circa 2500 sterline, che i genitori stanno cominciando a raccogliere.
Rio ha visto Jonnie a Londra 2012 e ha avuto voglia di correre. Jonnie ha incontrato Rio e gli ha cambiato la vita. E’ la Paralimpiade. Il resto, con polemiche che ancora qualcuno alimenta, sono parole. Quasi sempre vuote.
Rio con la sua protesi

Tratto da InVisibili.corriere.it