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Ogni individuo sia valorizzato in quanto persona e non per quello che produce

lunedì 27 gennaio 2014

Giornata della memoria: i disabili e la Shoah ai giorni nostri

Il 27 gennaio ricorre  il giorno della memoria.
Una giornata  dedicata al ricordo anche degli stermini nazisti delle persone con disabilità. 
La folle ideologia nazista, supportata dall’idea dell’esistenza di vite inutili, di costi non sostenibili dalla società e dalla purezza della razza ariana, sterminò decine di migliaia di persone con disabilità, attraverso leggi e pratiche in ospedali e istituti speciali. Bambini soppressi alla nascita con iniezioni letali, persone con disabilità psicosociale, prima sterilizzate e poi gasate, morti per privazioni di alimenti e di liquidi, cavie umane sottoposte a esperimenti scientifici rappresentarono una prassi costante durante il nazismo. Il culmine si raggiunse con il famigerato programma Aktion T4, voluto da Hitler all’inizio della II guerra mondiale durante il quale vennero uccise e cremate con modalità cinicamente pianificate in 6 centri speciali in Germania circa 70.000 persone con disabilità. Settantamila vite umane. Questo racconto dell’orrore e la lucida ideologia che lo sostiene  è purtroppo riproposto ai nostri giorni dalle tesi di Peter Singer, moralista americano, che propugna l’idea di non investire risorse sui bambini nati con gravi disabilità – considerati subumani – a cause delle risorse limitate della società contemporanea.
Non meno inquietante risulta essere il protocollo di Groningen stilato da diversi medici che definisce come uccidere i bambini con disabilità gravi alla nascita (in Olanda ed in Belgio esistono leggi sull’eutanasia attiva per questi neonati) o la assurda richiesta del Collegio reale degli ostetrici e ginecologi del Regno Unito di uccidere i neonati con forti diversità funzionali.
Le motivazioni appaiono le stesse dei  nazisti: bambini che dalla nascita presentano gravi disabilità rappresenterebbero un peso insostenibile per la famiglia e per la società, considerati i costi delle cure mediche e assistenziali ed inoltre queste persone condurranno delle vite di sofferenza e di dolore.
A Napoli il 27 gennaio in un convegno internazionale organizzato da DPI-Italia Onlus a Palazzo reale ed in una mostra/evento presso la Biblioteca Nazionale saranno denunciate queste incredibile riproposizione delle orribili pratiche naziste.
Come acutamente osserva il dr. Giampiero Griffo, rappresentante per l’Italia dell’ European Disability Forum e membro dell’esecutivo mondiale del Disabled Peoples International il rischio che stiamo correndo è quello di sempre: “Quando si decide di selezionare le persone da eliminare, si sa dove si comincia, ma non dove si finisce… “.
Fare memoria del passato è sempre una pratica virtuosa ma in questo caso diventa un obbligo per ognuno.

sabato 11 gennaio 2014

"Vedere la persona e non la disabilità"

Caro nipote di Umberto Eco, occhio alle parole sulla disabilità

Caro nipote di Umberto Eco,
non conosco il tuo nome, non so quanti anni tu abbia, ma mi permetto di rivolgermi con il tu, visto che anche io potrei essere un nonno, pur se abbastanza giovane (almeno dentro). Scusa se ti scrivo, aggiungendomi umilmente alla lunga missiva che ti ha spedito l’illustre e coltissimo nonno. I suoi consigli sull’uso della memoria sono assolutamente apprezzabili e li condivido appieno, ma la Eco di alcune sue parole, all’interno della lettera pubblicata sull’Espresso, e dunque letta da tantissime persone di ogni tipo, e in particolare i suoi esempi riferiti alla condizione delle persone con disabilità, mi è arrivata da ogni dove, fino a spingermi a prendere carta e penna virtuali. Mi rivolgo direttamente a te, perché non me la sento di competere con cotanto avo. Ma andiamo con ordine.
So che stai esercitando la memoria, come ti chiede il Nonno, ma nel caso ti fossi dimenticato alcune sue frasi, le riporto qui: “Ma se non cammini abbastanza diventi poi “diversamente abile”, come si dice oggi per indicare chi è costretto a muoversi in carrozzella. Va bene, lo so che fai dello sport e quindi sai muovere il tuo corpo, ma torniamo al tuo cervello – scrive nonno Umberto - La memoria è un muscolo come quelli delle gambe, se non lo eserciti si avvizzisce e tu diventi (dal punto di vista mentale) diversamente abile e cioè (parliamoci chiaro) un idiota. E inoltre, siccome per tutti c’è il rischio che quando si diventa vecchi ci venga l’Alzheimer, uno dei modi di evitare questo spiacevole incidente è di esercitare sempre la memoria”.
Ecco, come vedi il grande Umberto usa due volte un termine ben preciso, “diversamente abile”. Ti assicuro che questa ipocrita locuzione non mi piace affatto, anzi non piace ai diretti interessati di tutto il mondo, che infatti, alle Nazioni Unite, hanno detto chiaro e tondo che siamo “persone con disabilità”. Persone, capisci? Ovvero ognuno di noi, sia che viva come me in sedia a rotelle (o carrozzina: non carrozzella, come scrive il Nonno, perché la carrozzella è quella che circola nelle vie del centro di Roma o di Firenze, tirata da cavalli), sia che usi un bastone bianco, o non ci senta, o abbia dei deficit di natura intellettiva, è prima di tutto una PERSONA, ha un nome, una dignità, un posto nella società esattamente come te e come tutti coloro che non hanno alcuna apparente disabilità. Non siamo “diversamente abili”: siamo quello che siamo, più o meno abili, più o meno in grado di rappresentare noi stessi con la parola o con lo sguardo o in altro modo. Scusami se insisto, ma capisci bene che avere un Nonno così colto e autorevole potrebbe farti pensare che ogni sua parola è vera e giusta, perché parla quasi “ex cathedra” pur rivolgendosi apparentemente solo all’amato nipotino.
Già che ci siamo: io e i miei amici in sedia a rotelle non siamo “COSTRETTI” a muoverci in carrozzina. Al contrario: siamo “LIBERI” di muoverci GRAZIE alla carrozzina, che è solo un ausilio tecnologico, manuale o elettronico, sempre più evoluto e personalizzato, che ci aiuta a superare la nostra impossibilità di camminare. Chiaro? Mi sembra una precisazione utile, nel caso tu, incontrando una persona in sedia a rotelle, pensassi magari di dirgli, memore delle parole di tuo nonno: “Ciao idiota diversamente abile! Poverino, sei costretto in carrozzella…”. Ecco, non te lo consiglio. Se trovi per caso una persona paraplegica che fa sport è capace che ti tira un paio di cartoni che non sai neppure da dove sono arrivati. Occhio dunque: il nonno Umberto è un grande saggio sulle cose che conosce meglio, ma anche lui è “diversamente colto” e magari sulla disabilità è rimasto un po’ indietro nel tempo, e si basa sui luoghi comuni, sui pregiudizi, dei quali peraltro, da attento studioso delle parole e del loro significato, dovrebbe ben guardarsi. Diglielo tu, se puoi, io preferisco rivolgermi ancora a te per qualche piccolo dettaglio.
Non vorrei aver capito male, ma nelle frasi di nonno Umberto c’è quasi l’eco lontana di un’idea sbagliatissima, molto popolare, anzi popolana. Una volta si diceva: “La gatta frettolosa ha fatto i figli ciechi”. Ecco, c’è la convinzione (oggi assai meno diffusa) che la disabilità sia in qualche modo una colpa, o venga causata da un nostro comportamento sbagliato: “se non cammini abbastanza…”, “se non eserciti la memoria…”. Già. Pensa che in passato le mamme indicavano con il dito la persona “handicappata” quando, volendo rimproverare i loro figli “sani” magari per la loro vivacità, stabilivano questo impietoso confronto, quasi un monito “a non diventare come loro”. Ecco: questo tipo di cultura allontana, emargina, stigmatizza ed è sinceramente grave che ancora oggi si faccia ricorso ad argomenti così maleducati ed avvilenti.
Caro nipote, probabilmente non c’era neppure bisogno che ti scrivessi, perché la tua generazione per fortuna è abituata da tempo a vivere insieme ai ragazzi e alle ragazze con disabilità, grazie al sistema scolastico italiano, che fortunatamente non ha dato retta ai consigli del pedagogo Eco. Perciò, se puoi, fammi un regalo: spiega tu al nonno come ci si deve comportare, e stupiscilo con una citazione inglese: “See the person, not the disability”. Buona vita, ragazzo.
 
Tratto da  http://invisibili.corriere.it